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Mauro Corvaglia

Artista moderno

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Biografia dell'artista


Mauro Corvaglia nasce in provincia di Lecce nel 1965.


Si forma artisticamente da autodidatta in terra salentina, dalla quale trae le prime fonti di ispirazione, la predilezione per i forti contrasti e i colori caldi e decisi.


La bianca pietra leccese, la rossa terra degli uliveti, le impolverate tinte delle carnose piante dei fichi d’india e l’abbraccio del vento e del mare nelle mille sfumature dell’azzurro e del verde, irrompono con forza sulle sue prime tele.


Ma ciò che maggiormente attrae ed è fonte d’ispirazione sin dall’inizio è la consistenza materica, lo spessore, che il colore, unito alla sabbia, a frammenti di legno, roccia o conchiglie, riesce a dare al pensiero e all’immaginario.


A questi primi aspetti se ne uniscono con il tempo molti altri, subentrano nuove esperienze, principalmente legate al grande amore per i viaggi e all’interesse verso terre lontane e stili di vita anche molto diversi fra loro.


Le immagini figurative si stemperano, si scompongono, rimangono solo come tracce sulla tela, dove la materia acquisisce più forza creativa per dar voce, spesso in modo astratto e irreale, a sensazioni nuove e vissute, tracciando una fitta trama di esili corrispondenze tra il presente e il passato.



Essenziale in questo momento di crescita personale ed artistica il trasferimento a Firenze che avviene nel 1994. Gli stimoli si moltiplicano e la voglia di sperimentare aumenta: materiali difformi per consistenza e aspetto si rincorrono sulle tele, sulle tavole, sulle lamiere, alla ricerca di quel sospiro trattenuto, di quella parola non detta, di quell’armonia così difficile da scoprire nella nostra attuale frenetica esistenza e così palese e disarmante nelle più semplici manifestazioni della natura.



L’opera non viene mai vissuta come pura realizzazione estetica, né solo come ricercato studio, ma come emozione profonda che si manifesta improvvisa, in modo quasi irrazionale e dal colore cerca di trarre consistenza, di rimanere aggrappata alle spaccature della sabbia, incisa nelle profonde colature, nella speranza che il tempo non possa in questo modo sbiadirne la forza iniziale. E’ un voler uscire dalla tela, protendere i propri pensieri e i propri sogni, spingersi verso lo spettatore, perché non rimanga più tale, ma possa egli stesso divenire attore e interprete delle sensazioni dell'artista.

Dal 2005 vive a Montelupo Fiorentino dove espone alcune delle proprie opere presso la galleria di Corso Garibaldi.





He grows artistically, autodidact, in the Salento region where he develops his first inspiration; a predilection for strong contrasts and warm fixed colours.


The white “leccese” limestone, the red surroundings covered with olive trees, the dusty tinges of the fleshy prickly pear trees and the encircling of wind and sea in the thousands of tones of blue and green colours, irrupt with strength on his first canvases.


Perhaps the element that prevails the most, and is also a source of inspiration, is the consistency of matter, the thickness that colours, by blending with sand, fragments of woods, rocks and seashells, give to thoughts and imagination.


Following the use of these first material elements, many more appear with time, new experiences are born, mainly deriving from the artist’s strong interest in travelling and an even more profound interest for far unknown lands and constantly differing lifestyles.



Of primary importance, in this phase of personal and artistic growth, is his transfer to Florence (where he is presently living) in 1994. In this city, the motivating force grows and the willingness to experiment becomes even stronger: materials that are shapeless by looks and form start to take place on canvases, on palettes, on sheeting, in the search of a withhold sigh, of an unspoken word, of an harmony so difficult to find in our actual frantic being and so obviously and disarmingly present in the most simple manifestations of nature.


Images break up, crumble, divide, leaving lonely traces on the canvas, whereas matter acquires creativeness and gives life, often following abstract and confused patterns, to new sensations.


The opera is never seen as a pure aesthetic realization, nor ever as the result of a sophisticated study, but rather as a profound emotion that irrupts suddenly, in an almost irrational way, trying to draw consistency from colour, trying to remain attached to the rifts of sand, in the hope that time will be unable to fade away its initial strength. It is a willingness to escape from the canvas, to project personal thoughts and dreams towards the spectator so that the spectator can evolve and became himself a participant and an actor of the artist’s emotions.

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Critica

Dal frammento all’unicità - Stefania Romani


Dove non arriva il gesto può il pensiero e dove la mente si perde la materia dà corpo all’ispirazione. E’ questa doppia natura, connubio tra leggerezza e profondità, tra la trasparenza del sogno e la consistenza della realtà, che ci porta a camminare sull’impercettibile confine che l’artista traccia per noi, spingendoci a far scivolare lo sguardo dove la pennellata si fa più fluida e a soffermarci tra le pieghe corpose della materia. Non guardare semplicemente l’opera, ma provare a immergersi in essa, questo quello che Mauro Corvaglia sembra voler condividere con i suoi spettatori, sperimentando ogni forma e tecnica che possano trasformarsi a tal fine in sensazioni ed emozioni soggettive. L’idea creativa iniziale si trasfigura, muta il proprio aspetto nella luce e nell’occhio di chi la guarda e una rete sottile di ricordi o aspirazioni diviene esperienza comune, dialogo tra ciò che è diverso o semplicemente lontano.


La ruvidezza della sabbia, la compattezza degli accumuli materici, la morbida malleabilità della pelle, graffiate cortecce e immagini sbiadite, ogni traccia è un mondo, ogni incisione una ferita, ogni goccia di luce metallica un sorriso nel buio.

Il colore si condensa e nella sua staticità imprigiona il movimento, lo blocca in quell’attimo irripetibile e unico: unico appunto, come ogni attimo della nostra esistenza, così troppo frenetica e ripetitiva per accorgersi dei frammenti che la compongono. Ma nelle opere di Corvaglia sembrano rintracciarsi i pezzi mancanti del puzzle, le tessere policromatiche di un mosaico, pur diverse tra loro, finalmente si accostano, si rincorrono, si trovano e in ogni quadro ha inizio una nuova ricerca per ricreare sulla tela come nella vita l’armonia del tutto a cui ognuno di noi aspira.

L’impeto di un sogno - Maria Teresa Palitta

“…Non possiamo fissare la tradizione al chiodo della memoria che tende a sollecitare gli stessi stili. Il dinamismo intellettuale parte dalle origini e culmina nelle idee estemporanee, vere e proprie fucine indicative. Da qui partono i lavori di Mauro Corvaglia. Egli istruisce un piano d’azione che ha alla base il senso dell’estetica e conduce a compimento ciò che è lecito proporre per un più completo sviluppo ideologico. L’idea intanto si fa vita e annovera inventiva e tracce di memoria per nulla perdere e per tutto estendere traendo dalle grinze antiche ciò che è compatibile con il segno dell’arte, in modo che arte significhi condensare l’intuito rendendolo plasmabile e affine con mille altre cadenze. Mauro Corvaglia risponde a un richiamo interiore, il quale gli consente di navigare nella propria fase, seppure divisibile; un principio encomiabile per non trarre dai solchi già fecondati. Ci pare di leggere nelle sue opere l’onesto desiderio di produrre in proprio, per alleggerire il peso, già feroce, del copiarsi vicendevolmente. Correnti prestabilite, spesso appiattiscono l’idea individuale.
Ed ecco il vigore riconquistato, artefice di un moto che avvalora il principio dell’arte , sempre cercando altezze o regole che incarnino le bellezze create. La Genesi offre il meglio delle accademie. In essa vi è implicito ogni principio e da essa partono i residui d’amore affioranti dalle tempeste sempre in atto. Se l’arte di Corvaglia sprona l’interesse, ciò è dovuto a tale mistero. E noi, inebriati dall’idea di una minima utilità (da parte nostra) continuiamo a recuperare i valori servendoci della luce perché penetri , dallo spacco della caverna , e illumini l’interno. Al contrario, stavolta, la luce dell’interno illumina l’esterno, fuoriesce come favo stillante, e ci stupisce, ancora una volta, poiché, mai ci abitueremo alla norma, assetati come siamo di elementi sempre nuovi, per meditare sull’altro emisfero, vi siano in esso parvenze, immagini sbiadite o frammenti di tessuto, oppure le regole d’urto che sorgono improvvise come preludio scientifico.
Corvaglia compone una lode traendo dal vissuto, in modo da non perdere nulla, del dono d’amore ineguagliabile: il respiro delle cose, ed egli in esse con tutto il suo messaggio di luce.

Il seminatore di Memorie - Prof.ssa Sandra Lucarelli

Parafrasando Van Googh o Milliet, portandoli sulle onde del tempo fino a questi nostri giorni, astraendone i concetti od i contenuti pittorici; fino alla delibazione goccia a goccia dei loro nettari, ecco il Seminatore dei Ricordi. Tale è Mauro Corvaglia. Il nostro attende un germoglio, un innesto, un inciso che dia l’input per generare un altro figlio del tempo e dello spazio.
Seminatore ed archeologo, o meglio archeo-sofista, nelle variabili della materia tematica, risvolto di ritrovamenti o scavi tra spiagge
marine, greti di fiumi o dune di sabbia. Da qui il giro di vortice, come turbine di valzer, elevazione ciclonica di fogli scritti per viaggiare in ogni direzione, in ogni dimensione… Astrazioni pure in tutto colore e dal seminatore o nell’attesa del ringraziamento si staglia un sofisma in angoli di sera. Non c’è tramonto nelle memorie, piuttosto crepuscolo, ottimizzazioni crepuscolari, in confluenza di luce. E’ qui che i ritagli del passato inneggiano a leopardiani astri :”Ditemi che fate in cielo, ditemi?! Perché non scendete sulla terra, battuta dai ricordi?” Sui passi delle rose o d’una violetta, dentro le pagine c’è una discesa d’arpa. Ed il Seminatore sparge l’antico suono. Il sofisma si tramuta in “actio”, vertigine del fare archeologico, dello scoprire, del portare alla luce. E’ l’incedere elegante del ricordo e dentro al magma misterico si mesce ancora il canto: Van Googh, Milliet, una lirica di Leopardi o di Gozzano. Canto che arriva rosato come un fenicottero e si appoggia nel blu profondo della notte. Qui ci sono gli illuminati ed il frammento è parte di questa Art Lumiere des Memoires. Diogene ancora una volta ha trovato l’uomo, la chiave antica e nuova per accedere alle stelle.

Le Tensioni della materia- Prof.re Lorenzo Poggi

"In un mondo dove gli oggetti hanno il tempo programmato del consumo, Mauro Corvaglia richiama il loro valore evocativo legato alla percezione e collocato nel tempo.

I materiali hanno una loro storia evidenziata dai segni, dalle rugosità, dlle consunzioni. Mauro aggiunge il colore che evidenzia i segni e dona emozione alla partizione dello spazio. La moneta, la conchiglia, l'oggetto d'uso, assumono valore simbolico presentati come segni fi trasformazione e mutamento, lievi permanenze nel continuo divenire del mondo.

Le tensioni della materia, il logorio, i segni, le ferite rugose dello scorrere del tempo divengono momenti estetici fondamentali.

Anche i manufatti dell'uomo, i resti degli animali, si inseriscono in questo percorso di percezione e disvelamento, divengono parte integrante della realtà e segnano e orientano il paesaggio. Consentono così uno sguardo esterno in una vicenda che ci coinvolge profondamente e danno spazio all'emozione."

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